Mi dispiace non essere lì con voi in questa giornata dedicata alla coscienza e alla dignità degli animali. Certo è difficile parlare di dignità animale in un mondo che non rispetta nemmeno la dignità degli esseri umani. Ma credo che le due cose non siano da ritenersi del tutto separate.
Mi fa piacere che due persone così diverse, come il ministro per il turismo Michela Vittoria Brambilla e il professor Veronesi, si siano incontrati su un tema che anch’io considero importante: la difesa degli animali su cui, con presuntuosa superbia, pretendiamo di avere il diritto assoluto di riduzione in schiavitù, tortura e morte.

A molti la schiavitù e il conseguente diritto di sevizie e detenzione sembra naturale, quasi un dono della natura e forse anche di Dio. Ebbene ricordiamoci che per molti secoli anche fra gli uomini la schiavitù è stata considerata una cosa giusta e lecita, ammessa anche da popoli civilmente avanzati. Poi, piano piano, con la diffusione del principio dei diritti umani, la schiavitù, se non proprio eliminata, è stata comunque considerata illegale e bandita. La convinzione della illegittimità della schiavitù umana è entrata fra le conquiste del pensiero moderno.
Così credo che stia nascendo e diffondendosi il sentimento di inadeguatezza e di ingiustizia di fronte ai tanti, troppi abusi che compiamo come esseri umani nei riguardi degli animali a noi soggetti. Rifiutando il concetto di schiavitù umana si arriva, per onestà intellettuale, ad ammettere anche l’ingiustizia della schiavitù nei riguardi degli animali.
Dopo avere sterminato tante specie, o con la caccia o con l’abbattimento delle foreste -vedi il caso degli animali selvatici: un tempo l’Africa per esempio era popolatissima di elefanti, oggi ne rimangono ben pochi e possono sopravvivere solo nei parchi protetti- sfoghiamo la nostra ansia di potenza sui più addomesticati animali da compagnia e da macello.

Non avendo più a disposizione selvaggina di grossa taglia, i cacciatori trasferiscono il loro istinto di uccisori sugli uccelli migratori. Con armi di precisione che non tengono conto dell’abilità del cacciatore ma fanno tutto da sole, puntando sulla precisione e la potenza della tecnologia di guerra. Il colmo si raggiunge con la richiesta di allungare i tempi di caccia, occupando gli spazi della riproduzione finora protetti.
E che dire degli animali da macello, trattati peggio di come i nazisti trattavano i loro nemici nei campi di sterminio, dove torture, esperimenti, violenze di ogni genere erano ammesse in nome della superiorità di razza. I poveri vitelli e le mucche da carne vengono trasportati, come dice Michela Brambilla, in condizioni “vergognose”. Tanto vanno a morire! Proprio come dicevano i boia nazisti quando riempivano all’inverosimile i loro treni di povere famiglie destinate alle camere a gas. E quando giungevano a destinazione, separavano i mariti dalle mogli, le madri dai figli con metodo brutale e sbrigativo.

Io, come Veronesi, sono vegetariana, ma non pretendo che tutti lo diventino. La considero una scelta personale. Ma, pur non esigendo l’eliminazione dei macelli, chiedo che i mammiferi da carne possano disporre almeno di qualche anno di vita normale. Che possano pascolare, che possano correre, che possano amarsi e riprodursi in santa pace. Trovo orribile e vergognoso che negli allevamenti intensivi gli animali crescano al chiuso, la testa stretta fra due sbarre, impediti a muoversi anche solo di un passo, costretti a mangiare carne quando sono erbivori. Una tortura che non si può infliggere a nessun essere vivente.

Così come ritengo che il governo debba emanare leggi più severe nei riguardi di commercianti di animali esotici, che poi troppo spesso vengono abbandonati, quando si dimostrano difficili da gestire e tenere in appartamento.
Gli esseri umani, presi da euforia di onnipotenza, sono arrivati a credere di essere i padroni dell’universo. Le conquiste – per la verità grandissime e ammirevoli- della tecnologia, hanno ubriacato gli animi, resi incapaci di capire la sofferenza di altre specie, i danni che stiamo comminando alla natura nel suo insieme.

In questi giorni abbiamo potuto toccare con mano la fragilità di questo potere tecnologico. È bastata una nuvola di ceneri vulcaniche per arrestare e bloccare tutta la complicata e perfezionata rete di trasporti aerei del mondo.
Credo che sia venuto il momento per fermarci e riflettere con responsabilità sui nostri doveri di fratelli maggiori, verso le specie più deboli, verso la natura di cui non possiamo fare a meno, mettendo un poco a tacere i nostri più stupidi istinti di sopraffazione.